

L'estate sta finendo
Era l’ombroso ottobre del 2011 quando dallo scranno di Bruxelles Merkel e Sarkozy, leader di Germania e Francia, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti, sul nome Berlusconi incrociarono gli sguardi con un sorrisetto d’intesa. Quell’immagine è rimasta nella storia con il suo alone di derisione nei confronti dell’Italia in un momento molto difficile. Ma oggi, 14 anni dopo, la situazione sembra capovolta. Non ridiamo, sia chiaro, anche se non siamo più noi il bersaglio preferito dalla speculazione cattiva. La Francia si trova a dover affrontare l’ennesima crisi politica e chissà con quale soluzione ne uscirà, a questo problema si deve aggiungere un deficit in costante crescita e i rating sul debito che sono all’ennesimo esame di riparazione con rischio bocciatura. La Germania, recessione a parte, si trova di fronte a una vera crisi esistenziale, dopo anni in cui ha fatto penare l’intera Europa per inseguire ostinatamente l’austerità facendone un proprio vanto, oggi getta al vento ogni dogma per mettersi a spendere a tutto spiano, rischiando di entrare in una spirale di debito da cui sarà difficile uscire. Se come 14 anni fa si usasse lo spread come termometro per la salute di un paese ci renderemmo conto di quanto oggi l’Italia sta meglio e di quanto stanno peggio Francia e Germania. La ruota gira e in vista di fine anno potremmo toglierci qualche sfizio.
Questo è stato solo uno dei tanti aspetti di un’estate che, per quanto riguarda i mercati, difficilmente verrà ricordata. E questa è una bella notizia, essendo il periodo estivo un periodo per le borse tradizionalmente difficile. Ricordate l’estate 2024? Solo un dato: il -12,40% del 5 agosto, il crollo della Borsa di Tokyo, il peggiore della storia. Questa estate invece ha vissuto un ozioso e costante rialzo.
Fa notizia l’Italia, non solo per lo spread, ma anche per la Borsa, Milano dopo molti anni finalmente rivede i record del 2007. Il merito va ai vari incentivi dell’Europa, a titoli un tempo sottovalutati e ora riportati ai valori che meritano, al nostro made in Italy che fattura grazie alla qualità dei nostri prodotti, alla stabilità politica e soprattutto alle banche, un tempo zavorra del listino, oggi la grande lepre, grazie al rinnovato interesse degli investitori dovuto principalmente alle operazioni straordinarie che stanno facendo brillare i titoli in borsa eccitando i media. E ora di tutti questi guadagni la politica vuole incassare qualcosa, il veicolo sembra essere la tassazione dei buyback, non un’operazione di poco conto, perché il fenomeno dei buyback a Wall Street è quasi una religione e soprattutto nell’ultimo decennio questo è stato uno dei principali motori che ha portato i mercati di tutto il mondo su massimi assoluti. Agire in questo modo rischia di far perdere la fiducia degli investitori conquistata con tanta fatica negli anni.
L’altro tormentone estivo è stato quello dei tassi e in particolare i tassi della Fed e la Fed: da molti anni le attese di fine stagione guardano all’appuntamento a Jackson Hole che anche quest’anno non le ha deluse. Pur essendo stata in qualche modo una replica dell’anno scorso con la promessa del taglio dei tassi, ma se nel 2024 Powell fece poi seguire i fatti, lo farà anche oggi? Probabilmente sì, ma sui mercati c’è qualcosa che non torna. In particolare, sui titoli di stato perché, se i rendimenti a breve che sono “controllati” dalla Fed stanno calando scontando i tagli, quelli a lungo che sono guidati dal mercato, rimangono ostinatamente alti. Questo è un problema, perché sul debito, che in Usa continua ad aumentare, si seguiteranno a pagare interessi salati.
Poi c’è Nvidia, la cui trimestrale d’agosto è diventato uno degli eventi clou, che anche questa volta ha mostrato numeri strabilianti ma sotto luci forse meno accese. Qualcuno dice che, se si è abituati alle sorprese positive, quando lo sono un po’ meno si resta delusi. Non la pensa così Dan Yves il guru tech di Wedbush che rimane molto ottimista sulla società. A CNBC ha detto “i ricavi dalla Cina potrebbero crescere del 50%”. Il problema è che in Cina sui chip ora stanno prendendo delle contromisure per produrli in casa con marchi nazionali.
Ma la vera grande notizia è arrivata a fine estate: secondo uno studio del MIT il 95% delle aziende che investono nell’intelligenza artificiale generativa non fa profitto, per ora l’utile lo vede solo il 5%. Secondo Daron Acemoglu, premio Nobel per l’Economia e docente al Mit, c’è il dubbio che l’Ai stia promettendo, in termini di guadagni di produttività, molto più di quanto può mantenere. A tutto questo allarme ha aggiunto il carico Sam Altman (fondatore di Open AI) dicendo che l’attuale bolla è molto simile a quella di 25 anni fa sulle “dotcom”.
Forse queste nuvole che promettono tempesta porteranno solo una pioggerellina, resta però una considerazione: negli investimenti la concentrazione, ancor più in questi casi, aumenta il rischio, mentre la diversificazione rimane la regola aurea per l’investitore avveduto.
BUYBACK: è l’operazione di riacquisto che le società fanno delle proprie azioni. Negli ultimi dieci anni è stata la formula magica con cui le società americane quotate in borsa
hanno sostenuto i propri titoli e i mercati. Nella maggior parte dei casi si effettuano con la liquidità che le aziende hanno in eccesso. I titoli poi salgono perché non solo sono spinti dagli acquisti ma perché con meno azioni in circolazione il valore delle singole quote aumenta. Emblematico il buyback lanciato da Apple nel 2024, del valore monstre da 110 mld di dollari.
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